A confronto con l’Esortazione Apostolica di papa Francesco sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo.
“La santità è il volto più bello della Chiesa”, leggo in Gaudete et Exsultate. Che continua: “Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita segni della sua presenza …” (n. 9). E mentre cerco di coglierne il senso profondo, sono attraversata da un duplice interrogativo: è l’espressione di una potente novità suggerita appunto dallo Spirito, Santo e Santificatore, oppure è la sintesi di una lunga storia già scritta e vissuta? Sì, senza dubbio: è l’una ed è l’altra, contemporaneamente.
Ha raggiunto anche me, dunque, questa parola nuova, condivisa in grande esultanza con tutti i membri laici e consacrati della mia famiglia spirituale, la Pro Sanctitate, che ha fatto della “chiamata universale alla santità” un credo, una scelta di vita, un motivo di offerta e una missione. Parola che ha regalato una potente conferma al nostro cammino ecclesiale, fatto di memoria e di speranza, intessuto di quella fatica capace di rendere sicuri i passi da compiere ogni giorno e di quegli infiniti orizzonti aperti alle sfide del tempo e dello spazio, della Chiesa e del mondo.
Di fronte al pronunciamento del Papa ho ripercorso, come riflesso in un grande specchio, l’itinerario spirituale e fondativo del nostro padre Guglielmo Giaquinta.
A partire dall’insostituibile fondamento biblico e nel solco della preziosa tradizione della Chiesa riguardante proprio i santi e la santità, attento qual era ai numerosi fermenti venutisi a creare in epoca contemporanea attorno a questo alto centro d’interesse, già settant’anni fa egli aveva cominciato a parlare di santità, precorrendo e preparando più o meno direttamente la stessa dottrina conciliare.
Della vocazione alla santità Giaquinta aveva fatto l’oggetto privilegiato del suo approfondimento teologico e del suo ministero sacerdotale; l’aveva consegnata alla sua Fondazione come scopo essenziale di vita, di testimonianza evangelica, di azione apostolica; fino alla fine si appassionava a spiegarla come via d’amore tracciata da Dio per ogni sua creatura, come “utopia realizzabile” in una società che fosse basata sulla fraternità universale, come vero segreto del dialogo ecumenico e interreligioso. Pur rimanendo in ambito ecclesiale una voce alquanto solitaria, da più parti gli veniva riconosciuto un autentico carisma profetico e continuava a ricevere una larga adesione nella sua famiglia spirituale.
Giunge ora l’Esortazione di papa Francesco “sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”, quasi a risvegliare la coscienza dell’umanità intera, quasi a rilanciare con un’unica parola il messaggio contenuto nel Vangelo, quasi a dire anche a noi di uscire allo scoperto per condividere il dono di salvezza che è di tutti. Ed io, con la mia lunga esperienza “Pro Sanctitate”, più che la gioia di una conferma per ciò che è stato, oggi sento forte l’invito ad allargare insieme ai miei fratelli di vocazione lo sguardo verso nuovi orizzonti, a far risuonare “più umile, Signore, la mia offerta”, perché sia davvero fermento di santificazione universale.
Particolarmente toccante per me è stato il riferimento alle Beatitudini proclamate da Gesù. Anche Giaquinta le aveva indicate come il “manifesto” della santità; ma qui colgo, come per la prima volta, una nota di freschezza, una chiave di lettura nuova. Il Papa, nell’identificare “felicità” e “beatitudine” con santità, viene a svelarci il significato reale delle Beatitudini, in modo da meglio comprenderle e metterle in pratica. E commenta con una sorta di incalzante “litania” (nn. 67 – 94):
Essere poveri nel cuore, questo è santità.
Reagire con umile mitezza, questo è santità.
Saper piangere con gli altri, questo è santità.
Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità.
Guardare e agire con misericordia, questo è santità.
Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità.
Seminare pace intorno a noi, questo è santità.
Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità.
Amen! È la risposta che mi sgorga dall’intimo, consapevole che è anche una risposta corale, che abbraccia tutti gli uomini e tutte le donne della terra, nella Chiesa e oltre i confini della Chiesa, che raggiunge anzi gli infiniti spazi del cosmo. “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1 Ts 4, 3).
fonte: La VIta Diocesana – Periodico della Diocesi di Noto
Marialuisa Pugliese