Vengo a conoscenza di questa ricchezza all’interno della Chiesa solo 20 anni fa.

Nella mia parrocchia stavamo vivendo un periodo oscuro e allo stesso tempo carico di responsabilità, dato che il Vescovo di allora, il Card. Salvatore Pappalardo, a seguito di fatti gravi accaduti, aveva rimosso il parroco e ci aveva lasciati senza, inviandoci un Diacono appena consacrato: Rosario “Saro” Cammarata. Un bel giorno il Diacono Saro si presenta in parrocchia accompagnato da due donne giovani e compite, con un abbigliamento sobrio, ordinato e (la caratteristica che mi colpì subito) un sorriso che emanava serenità.

Mi vennero presentate come Oblate Apostoliche laiche del Movimento “Pro Sanctitate”, era la prima volta

che incontravo persone consacrate laiche e, la cosa mi suonava male, in quanto avevo sempre collegato “consacrato = religioso”.  Iniziammo subito un sodalizio, prima a livello parrocchiale e poi personale.

Attraverso loro (in particolare di Sara Salemi) conobbi il Movimento e il suo Fondatore Mons. Guglielmo Giaquinta, imparando ad ammirarlo e ad amarlo, attraverso i suoi scritti. In un primo tempo, non avendone percepito la ricchezza e lo splendore del suo spessore Spirituale e umano, vivevo con un po’ di fastidio l’attaccamento che le Oblate avevano con il loro Padre Fondatore, ma poi, addentrandomi sempre più all’interno del carisma e conoscendolo sempre di più, non solo attraverso i suoi scritti, ma attraverso quelle persone che lo avevano seguito, donando la loro vita al Movimento e alla Chiesa, mi sono dovuto ricredere e “riconvertire” il mio ideale di cristiano “impegnato in parrocchia”.

Mi meravigliava il fatto che “questo” Padre Guglielmo, avesse pensato e intuito anticipando forme di spiritualità laicali, che solo con il Concilio Vaticano II ed in parte, con il nuovo Codice di Diritto Canonico, avrebbero avuto un riconoscimento giuridico.

Ma a parte il Diritto canonico, mi rendo conto che sono a contatto con sorelle che, come donazione totale a Dio e ai fratelli, hanno consacrato la propria vita non nel chiuso di un chiostro, ma nel mondo nelle più svariate situazioni sociali e professionali, senza segni esterni di riconoscimento che le distinguano dagli altri, lavorando come tutti, in mezzo a tutti: armonizzando preghiera e azione come “carmelitane e certosini della strada”.

La gioia, l’umiltà, la preghiera, il dono, sono i pilastri della spiritualità dell’oblata che Padre Guglielmo richiama continuamente, identificandole con la fiamma o scintille che infiammano chi gli sta attorno.

 

Conosco così un “mondo” dove la sobrietà, non solo della parola ma della vita, è ricerca di una vita unificata e raccolta; è essenzialità; è paziente accettazione del limite; è purezza di cuore. Così ho accolto con gioia il dono delle Oblate, che hanno arricchito e continuano ad arricchire la mia vita.

Mi sovviene quella pagina evangelica di Matteo cap. 13,47-52 (la rete gettata in mare) che la Chiesa ci fa meditare ogni anno.

Ed è con questo spirito che ammiro le sorelle Oblate, alla luce del nostro carisma e, quindi, della missione che il Signore ha affidato loro: cooperare alla Redenzione, come Maria, mostrando a tutti il volto misericordioso del Padre nostro che sta nei cieli, ma che in Gesù, suo figlio, è con noi tutti i giorni.

Queste “piccole” Donne che, come i pescatori della parabola evangelica vanno in cerca e raccolgono ogni genere di pesci, sono simbolo di ogni comunità “gettata” nel mare delle piccole o grandi città per raccogliere tanti fratelli e sorelle, diversi fra loro, come quei “pesci di ogni genere”, e per vivere, con loro e per loro, camminando insieme nella carità, finché si compia per ciascuno il tempo della Salvezza, esse non si stancano mai di ricordarci che “tutti siamo chiamati alla santità”: insieme nell’oggi, come fratelli, per essere insieme per sempre nella gioia del Regno di Dio, là dove ci sarà data una misura “scossa, piena e traboccante”, che non ci verrà più tolta.  Il rapporto personale è scandito come un rapporto di famiglia, tra fratelli e sorelle uniti nel carisma, nel consiglio, nella preghiera, nella solidarietà.

Ancora passi di perfezionamento nell’ambito della responsabilità e della condivisione, vanno fatti, ma… il cammino non si ferma qui.

Ringrazio il Signore e il caro Padre Guglielmo per il dono delle Oblate.

Pino Carota